Come allevare un drago in giardino: Dracaena draco, ovvero il drago delle Canarie


piante / martedì, Giugno 12th, 2018

Dracaena draco è un albero quanto meno singolare che appare nel racconto “Il Cacciatore di Piante”. In questo articolo troverete un approfondimento sulle sue caratteristiche botaniche, alcune curiosità relative all’uso che se ne fa e una leggenda che ne narra le origini.

 

Il mito

-Draghi dalle pessime abitudini-

Un tempo, come tutti sanno, le montagne erano popolate da draghi. Si dice fossero tra le creature più sagge, ma di sicuro avevano alcune pessime abitudini. Ad esempio quella di accumulare enormi tesori o di rapire principesse. Per questo, quando le campagne e le foreste presero ad attirare l’attenzione dei cavalieri senza macchia e senza paura, iniziò il declino dei draghi. I cavalieri senza macchia e senza paura infatti, nelle loro scorribande, non trovavano di meglio da fare che riscattare gli enormi tesori o trarre in salvo le principesse (spesso senza curarsi dell’opinione di queste ultime, che magari si trovavano meglio a vivere col drago). E i draghi, ai quali tutto sommato piaceva la tranquillità, cominciarono ad abbandonare le montagne e a ritirarsi in luoghi remoti, molto probabilmente su altri pianeti.

-Fuga alle Canarie-

Fu così che rimasero sulla Terra solo alcune draghesse (i maschi, più suscettibili e forse anche un tantino schizzinosi, se n’erano andati già da un pezzo). Queste draghesse si erano rifugiate nelle isole Canarie, al tempo quasi sconosciute ai cavalieri senza macchia e senza paura, come tutto ciò che stava al di là delle Colonne d’Ercole. Qui vissero in pace per lunghi anni, apprezzando come solo i draghi sanno fare (e cioè dormendo per la gran parte del tempo) il clima caldo e secco delle isole vulcaniche. Ma la loro tranquillità era destinata a durare poco. Infatti fra i cavalieri senza macchia e senza paura, che ormai erano prossimi alla pensione, iniziò a spargersi la voce che le isole Canarie avevano un clima buono per i reumatismi. Quando poi seppero che il costo della vita laggiù era decisamente più basso che sul continente, considerato che degli enormi tesori rimaneva ben poco (i prodi sapevano ricompensarsi delle epiche gesta con gozzoviglie altrettanto epiche) non ci pensarono due volte. Si trasferirono in massa, chi a Tenerife, chi a Lanzarote, chi a Fuerteventura, affollando in poco tempo l’intero arcipelago.

 

-La metamorfosi-

Le draghesse potete solo immaginare come ci restarono. Non solo erano alquanto stizzite per i rifiuti che i cavalieri senza macchia e senza paura abbandonavano sulle spiagge, ma erano anche decisamente allibite per il fatto che, nonostante la canizie, i vecchi prodi non avessero perso alcuna delle pessime abitudini giovanili. Come quella di organizzare battute di caccia al drago, che le costringevano a svegliarsi di soprassalto e riaccendere le fiamme a lungo spente, causa di pessime faringiti e bruciori di stomaco.
Quando le draghesse presero la risoluzione di andarsene una volta per tutte dalla Terra, però, si trovarono di fronte a un bel problema. La pigrizia aveva indebolito le loro ali a tal punto che non riuscivano più a spiccare il volo. Una notte quindi decisero di rispolverare uno dei vecchi trucchi che solo i draghi autentici, quelli che sono un po’ magici, sanno usare. Uscirono dalle grotte e dagli anfratti vulcanici e si radunarono sui pendii delle isole. Quando tutte furono pronte, immaginarono di trasformarsi in alberi. Lo immaginarono così forte che i piedi misero radici, le squame si trasformarono in corteccia e le orecchie divennero foglie.

 

-Un vecchio saggio e sentimentale-

Nessuno vide compiersi il prodigio. Nessuno a parte un vecchio saggio, che quella notte se ne stava sveglio a guardare le stelle. Era arrivato alle Canarie al seguito dei cavalieri senza macchia e senza paura, nella speranza di trovare sollievo per i propri reumatismi. Il sollievo lo aveva trovato, ma non nel calore dell’aria secca: la natura così ricca e diversa da quella del continente lo teneva talmente assorto nella contemplazione delle sue meraviglie che si era completamente dimenticato dei dolori. E tra una stella cadente e la luna calante notò le draghesse che poco a poco prendevano la forma di alberi. Se fu una debolezza della vecchiaia o la malinconia del momento quella che lo mosse resta un mistero. Ciò che si sa è che si avvicinò alle draghesse nel bel mezzo della metamorfosi. Versava lacrime e chiedeva loro di fermarsi poiché la Terra aveva bisogno dei draghi e perché ogni specie vivente che scompare lascia un vuoto incolmabile nella natura.

 

-Metamorfosi a metà-

Le draghesse, impietosite dal vecchio, si fermarono e non proseguirono oltre con la trasformazione. Ormai però era troppo tardi per tornare indietro, non potevano più abbandonare le spoglie vegetali che avevano preso.
Fu così che restarono per metà alberi e per metà draghi. Non potevano spostarsi se non coi movimenti lenti e soporosi della crescita vegetale (il che tutto sommato a loro non dispiaceva), ma il loro aspetto era ancora lontano da quello degli alberi come siamo abituati a vederli. Il tronco grosso e bitorzoluto ricordava più il loro corpo originale che quello di una pianta e le foglie non avevano un aspetto troppo lontano alle squame verdi e lanceolate che ornavano in principio il loro capo. Se si feriva la corteccia il liquido che sgorgava era rosso e molto più simile a sangue di drago che a linfa d’albero.
Il vecchio saggio continuò a chiamarle col loro nome, ovvero draghesse. Lo fece alla maniera dei greci antichi, in modo da non attirare l’attenzione dei cavalieri senza macchia e senza paura, con la parola Dracaena. Dracaena divenne il nome del genere vegetale e Dracaena draco quello, fiammeggiante, della specie.

 

La botanica

-Morfologia della Dracaena draco-

Ora che vi ho raccontato la mia versione sull’origine della Dracaena, senza dubbio vera con buona pace di Linneo, è giusto dare spazio a una descrizione botanica affinché il naturalista svedese non se ne abbia troppo a male.
La Dracaena draco è una pianta a portamento arbustivo, ma gli esemplari adulti raggiungono stazze considerevoli, anche di venti metri. Il tronco è grigio, caratterizzato da una lucidità coriacea che ricorda la pelle di un rettile. Si divide dicotomicamente in rami dall’aspetto di grosse salsicce, simili a quelli che dovevano essere i membri delle nostre draghesse gonfiate dalla pigrizia. Sul vertice di ciascuno dei rami terminali è presente una rosetta di foglie lanceolate, di colore verde glauco e rigide come squame di drago. Nell’insieme le rosette si dispongono a formare una chioma a ombrello.

-Sistematica-

Nella classificazione tradizionale delle angiosperme il genere Dracaena fa parte della famiglia Agavacee, ordine Liliales. Nonostante il portamento arboreo, infatti, è sufficiente una rapida osservazione dell’aspetto delle rosette fogliari per notare una vicinanza morfologica con l’agave, la sanseveria o la yucca.
Quando però i botanici hanno rivisitato la classificazione delle angiosperme (APG III), basandosi su tecniche di filogenetica molecolare, è emersa una discrepanza. Dal punto di vista genetico infatti la Dracaena va posta nella famiglia Asparagacee, sottofamiglia Nolinoideae. La stessa del Ruscus, il pungitopo per intenderci.
Che in queste controversie ci sia lo zampino dei draghi?

 

-Il sangue di drago-

Storicamente le popolazioni indigene delle isole Canarie hanno attribuito a questa pianta una valenza magica e sacrale. In parte per le forme insolite, ma soprattutto perché quando la corteccia o le foglie vengono incise, fuoriesce una resina che ossidandosi acquisisce un colore rosso vermiglione. Era conosciuta come sangue di drago e la commerciavano già gli antichi romani. Questi ultimi peraltro facevano molta confusione al riguardo, non distinguendola dal cinabro (un minerale del mercurio, HgS) o da altre resine vegetali come quella della Dracena cinnabari, una parente asiatica del Drago delle Canarie.

 

-Etnobotanica-

Come tutte le cose rosse che la natura produce, il sangue di drago non ha potuto fare a meno di attirare l’attenzione degli uomini. E come tutte le cose considerate belle dagli uomini, ha finito per essere usato nei modi più disparati. Veniva considerato una panacea e nella visione simbolico/analogica della farmacopea antica, inconfutabilmente adatto alla cura delle ferite e delle malattie del sangue. Ma essendo un materiale troppo curioso per essere lasciato solamente all’ematologia e alla traumatologia, veniva usato anche per os contro una miscellanea di affezioni dell’apparato gastrointestinale e genitourinario. Non ultima, ovviamente, la cura dell’impotenza. Gli speziali non ci mettevano molto per capire che ad appendere un cartellino con scritto “afrodisiaco” gli affari decuplicavano. A maggior ragione se la medicina aveva un bel colore. Utile anche come incenso, qualora non se ne sopportasse il sapore, per ripulire i luoghi dalle presenze e influenze negative.
Lasciando da parte l’ironia, è vero che la farmacologia moderna trae le sue origini dalla fitoterapia e sicuramente il sangue di drago contiene sostanze dotate di attività medicinale. Tra le molecole che vi sono state individuate ci sono esteri benzoici e benzoilacetici di resinotannoli e resinoli. Sono state isolate le molecole Dracocarminio (C31H24O5) e Dracorubino (C32H24O5). Se avrò modo di leggere studi scientifici sull’attività farmacologica di queste sostanze e sul loro uso razionale come medicamenti vi aggiornerò con un articolo dedicato.
Il Dracocarminio e il Dracorubino sono i pigmenti responsabili del colore rosso e dell’uso del sangue di drago come tintura. Fin dal XVII secolo infatti viene usato dai maestri liutai per rifinire violini e per conferire il colore intenso che conosciamo al legno degli strumenti ad arco. Per scopi di nicchia come questo viene usato ancora oggi, anche se sempre in misura minore, a causa del suo alto costo. Dopo tutto non stiamo parlando di sangue qualsiasi, ma di sangue di drago.

 

-Il drago in giardino-

Se la lettura di tutte queste particolarità vi ha affascinati e avete deciso di procurarvi dei semi di Drago delle Canarie, c’è un avvertimento che va considerato per evitare cattive sorprese.
Ovvero che i draghi possono essere aggressivi e sputare fuoco? No, non si tratta di questo, ma di un’altra caratteristica delle draghesse del mito, ovvero l’estrema pigrizia. I draghi sono creature con una concezione cronologica diversa da quella degli esseri umani e si prendono i loro tempi per sbrigare le faccende che li riguardano. Si muovono, o meglio, crescono molto, molto, molto lentamente. Impiegano circa un decennio per raggiungere l’altezza di un metro.
In ogni caso non dovete perdere la speranza di poter vedere la Dracaena crescere nel vostro giardino partendo da dimensioni un po’ più visibili di quelle di un germoglio. Infatti in vostro aiuto viene uno dei vecchi trucchi che solo i draghi autentici, quelli che sono un po’ magici, sanno usare. In questo caso il trucco è che il Drago delle Canarie si riproduce facilmente per talea, per cui si può trovare nei vivai esemplari già grandi senza difficoltà.
Forse nel corso della vostra vita non lo vedrete diventare mastodontico, ma potrete lasciarvi trasportare dalla potenza dell’idea che il drago da voi piantato vivrà per millenni. Il vostro drago resterà a guardia del giardino per i vostri nipoti e per i nipoti dei nipoti, per generazioni e generazioni.
C’è poi un altro vantaggio e questo vi sarà evidente fin da subito: potrete vantarvi con tutti di avere un drago in giardino.

 

-Federico

 

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