Il Cacciatore di Piante – capitolo VI


narrativa / lunedì, Luglio 2nd, 2018

Welwitschia mirabilis

 

Quando entrammo nella sala dell’acquario, avevo già in mente cosa dire al professore. Ero deciso a uscire da quella storia troppo pericolosa per me e sapevo come fare. «Sinceramente penso che la ricerca di questa pianta sia una perdita di tempo e di risorse inutile», dissi appena lo vidi. «Sono quasi certo che l’Abritonide, se mai realmente esistita, sia estinta. Penso sia la cosa più probabile, altrimenti perché una pianta così utile non è coltivata su larga scala? In fondo, se il vostro papiro è autentico, significa che è conosciuta almeno da due millenni. Date le sue proprietà eccezionali, in tutto questo tempo avrebbero potuto succederle solo due cose: diffondersi in coltivazioni estese o estinguersi per l’eccessivo sfruttamento. Mi riferisco alla stessa sorte che è toccata al Silfio, una pianta che cresceva nella Cirenaica. Veniva utilizzata come contraccettivo, come l’odierna pillola anticoncezionale. In epoca romana la domanda divenne così alta che il Silfio venne raccolto fino all’ultima pianta, causandone l’estinzione.»

Il prof. Flores mi lasciò parlare in silenzio. Poi, senza rispondermi, ci fece accomodare davanti al computer. Sullo schermo era visibile la fotografia del Manuale di Botanica Sistematica di Hooker. Continuando a ignorare il mio discorso iniziò a parlare.
«Uno dei botanici che si occupano dell’interpretazione del papiro ha analizzato la decorazione presente sulla copertina del libro.»

Aprì un’altra versione della stessa immagine, nella quale il contrasto e la saturazione erano stati modificati al fine di far emergere maggiori dettagli della decorazione. Il titolo del libro e il nome dell’autore erano circondati da cornici a motivi vegetali, che si avvolgevano su loro stesse per poi portarsi a racchiudere una pianta disegnata con maggiore dettaglio. «Tu che hai studiato il manuale, sai dirmi che pianta è questa?», disse rivolgendosi a me. Passai in rassegna le piante che ricordavo essere descritte tra le pagine del libro, ma nessuna sembrava corrispondere a quella rappresentazione. Non avevo mai prestato grande attenzione ai motivi floreali parzialmente visibili sulla consumata copertina e mi sentii come uno studente che aveva omesso di studiare un argomento per l’esame. Le foglie nastriformi ricordavano quelle della Welwitschia mirabilis, ma per il resto sembrava completamente diversa. Decisi comunque di lanciarmi dicendo il nome di questa pianta. «No. Osservane meglio il portamento. Le foglie nella loro particolarità sembrano quelle della Welwitschia, ma sono più di due. Guarda poi l’infiorescenza. È completamente diversa. Non ti ricorda qualcosa che hai già visto?»

Stavo per ribattere che era il disegno di una pianta inventata, utile solo ad abbellire il titolo, quando capii che quella mattina avevo visto qualcosa di simile. «Non ci posso credere. È molto simile a quella riprodotta sul papiro.»
Il professore mi guardò con una smorfia di soddisfazione. «Non è solo molto simile. Con tutta probabilità è la stessa pianta.»

In quel momento il campanello dell’appartamento si mise a suonare, accompagnato da frenetici colpi sulla porta.
Anaid andò ad aprire e Gallardo si precipitò nello studio. Respirava affannosamente e la pelle olivastra era coperta di sudore. Non riuscivo a fare a meno di provare una viva antipatia nei suoi confronti. Ogni suo modo di fare mi sembrava subdolo. Avevo la sensazione che la sua viscida reverenza per il professore nascondesse un cinico doppio gioco. «Sono tornati. Gli uomini di Montero sono di nuovo in città. Hanno saputo che il ragazzo è vivo e sta collaborando con noi.»
Il professore fece passare il suo sguardo da Gallardo a me. «Sai cosa significa questo, vero? Significa che dobbiamo sbrigarci.»

«Sbrigarci a fare cosa?», chiesi rendendomi conto che i miei propositi di tornare alla normalità di due giorni prima stavano andando in fumo.
«Che domande. Dobbiamo sbrigarci a rintracciare la pianta. L’unico modo per frenare Montero è essere i primi a trovarla per brevettarne le molecole chimiche.»

«Non ho idea di dove cominciare a cercare», dissi preso dal panico.
«Il libro. Come hai avuto il libro tua madre?», intervenne Anaid con spirito da cacciatrice. «È stato un regalo di un professore padovano. Mi sembra si chiamasse Carlo Passaler.» «Gallardo, rintraccialo sul database europeo degli atenei», ordinò il prof. Flores.
L’uomo si mise al computer e dopo cinque minuti disse di averlo trovato. « In pensione dal novantotto. Lavora ancora presso l’Orto Botanico di Padova.»
«Bene. Non c’è tempo da perdere. Prenota quattro posti sul primo volo che trovi per il Veneto.»

 

 

 

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