– La palma di Goethe –
L’Orto Botanico di Padova pareva una piccola perla verde fra gli edifici in laterizio della città. Le cupole della basilica di S. Antonio, parzialmente nascoste dalla vegetazione, richiamavano la perfetta circolarità del giardino. Il cerchio era ripartito in quattro parti e le aiuole erano disposte a formare un labirinto. Un muro di cinta e statue in marmo bianco sottolineavano la simmetrie proprie del giardino all’italiana.
In prossimità di una serra a forma di torre un gruppo di visitatori attorniava un signore con una folta barba bianca in abito coloniale. «Quella che vedete alle mie spalle è la Palma di Goethe», stava spiegando. «È un esemplare di Chamaerops humilis che risale al 1585. Deve il suo nome al fatto che nel 1786 Goethe, fermatosi qui ad ammirarla, ne fu colpito e la descrisse nel suo Saggio sulla metamorfosi delle Piante.»
Ci avvicinammo mentre passava a descrivere un esemplare di Ephedra poco distante. Quando ebbe finito di parlare, il prof. Flores si presentò. « Sono un docente dell’Università di Cadice, in Spagna. Avremmo bisogno di un colloquio con lei.»
«Lei è un professore universitario?», esclamò con l’entusiasmo di un bambino, poi aggiunse «Mi sarebbe sempre piaciuto far parte del mondo accademico.»
«Da quello che mi risulta lei ne ha fatto parte.»
Lo sguardo dell’anziano si rabbuiò, finché non intervenne un uomo che probabilmente ne era l’accompagnatore. «Carlo, tu sei stato professore ordinario di botanica.»
«Sul serio?», risposte stupito.
Poi l’uomo si rivolse a noi. «Il prof. Passaler soffre di perdite di memoria. Ha amnesie per tutto quello che riguarda la società attuale e non si orienta nello spazio. L’unica certezza per lui sono le piante, di cui si ricorda tutto.»
Carlo Passaler lo guardò imbronciato, poi tornò a rivolgersi a noi. «Andiamo subito nel mio studio, dovete essere molto stanchi. Attraversare l’Oceano Atlantico per venire a trovarmi non è un’impresa da poco.»
«Abbiamo fatto solo un’ora e mezza di aereo, Spagna e Italia sono entrambe in Europa», rispose Gallardo con tono di presa in giro. Il prof. Flores gli intimò di tacere, ma Carlo Passaler si fermò un attimo confuso. «Siete venuti in aereo? È la prima volta che sento una cosa così assurda.»
«Non preoccuparti, al mio amico piace scherzare», disse in tono rassicurante Flores. «Forza allora, andiamo nel mio studio», disse incamminandosi deciso in una direzione, finché l’accompagnatore non lo raggiunse per riportarlo verso la strada corretta.
Lo studio del prof. Passaler pareva uscito da una cartolina d’epoca. Sui mobili era disposta una impolverata vetreria per saggi chimici. Su alcuni scaffali erano visibili centinaia di vasetti contenenti semi accuratamente catalogati, mentre alle pareti erano appesi quadri con stampe botaniche o piante essiccate.
«Ora ditemi cosa vi ha spinti a venire da me. Sono curioso di sapere se posso aiutarvi.»
«Vorremmo sapere se sai dirci qualcosa a proposito di un manuale di Botanica Sistematica scritto da Hooker.»
«Ah il vecchio Hooker. Certo che mi ricordo di lui», disse come se avesse conosciuto personalmente il direttore dei Royal Botanic Gardens of Kew vissuto a cavallo tra il settecento e l’ottocento. «Una volta avevo una copia del libro, poi la regalai. Adoro fare regali.»
«Ricordi per caso la copertina?»
«Certo», disse ridendo. «È l’unico libro di botanica che abbia in copertina una pianta che poi non descrive.»
«Sai dirci qualcosa a proposito?»
«Modestamente penso di essere l’unico sulla terra a poterne dare una spiegazione. Anni fa venni in possesso di alcune lettere che si scambiarono Hooker e Welwitsch, il botanico austriaco. Welwitsch aveva scoperto in Africa una pianta unica in tutto il regno vegetale, la Welwitschia mirabilis. È costituita da due sole foglie, a forma di nastro, che dalla base crescono all’infinito, per migliaia di anni, seccandosi progressivamente alle estremità. In afrikaans viene chiamata tweeblaarkanniedood, che significa “due foglie non possono morire”. Charles Darwin la definì “l’ornitorinco del regno vegetale” per la difficoltà della sua classificazione. Infatti non solo è l’unica specie del suo genere, ma è anche l’unica rappresentante della sua famiglia e, addirittura l’unica di un intero ordine. Hooker non riusciva a rassegnarsi a questo. Era convinto che all’interno dell’ordine Welwitschiales dovesse esserci almeno un’altra specie. Da quanto si legge in una lettera alla fine riuscì a trovare la specie che aveva ipotizzato, tuttavia per un motivo non spiegato non pubblicò mai la scoperta. Si limitò a lasciare il disegno di un esemplare sulla copertina del suo libro, quasi fosse solo una decorazione inventata.»
«Parla per caso del luogo dove trovò la pianta?», chiese il prof. Flores trepidante.
«Certo, descrive il luogo e il modo per raggiungerlo con molti particolari, ma non riesco a ricordare nulla di tutto ciò.»
«E la lettera originale?»
«Le regalai a un commerciante londinese. Era così felice: mi disse che quelle scartoffie si vendevano molto bene ai turisti a Notting Hill.»
Il prof. Flores si fece serio. Percepivo chiaramente la sua delusione e quella della figlia. Gallardo invece sembrava non riuscire a nascondere una certa soddisfazione per il fatto che la ricerca avesse raggiunto un punto morto. Per la prima volta riuscii a trovarlo simpatico. Per quanto interessante potesse essere la pianta, anche io ero felice che stessero svanendo le possibilità di trovarla.
«È proprio sicuro di non ricordare nulla o non vuole dircelo?», insistette il prof. Flores.
«Se me lo ricordassi sarei felice di dirvi dove trovare la pianta. Ormai sono vecchio e questa informazione deve essere tramandata. La mia mente perde colpi. È per questo che ho sempre trascritto le cose più importanti in un altro luogo.»
«Vuole dire che ha anche trascritto la lettera di Hooker?»
«Che domande! Era importante. L’ho trascritta sul manuale di Botanica Sistematica di Hooker.»
Il prof. Flores quasi sobbalzò sulla sedia. «E perché poi ha regalato il libro?»
«Perché mi ero dimenticato di avervi trascritto la lettera», disse come se fosse una cosa palese.
Flores si rivolse a me. «Leggendo il libro tu hai notato appunti tra le pagine?»
Scossi la testa con decisione.
Il prof. Passaler si mise a ridere. «Ah, quindi il libro è arrivato a te. È ovvio che non hai visto la mia scrittura tra le sue pagine. Tutti i miei appunti sono scritti con una soluzione invisibile di ioduro di potassio.»
«È un inchiostro simpatico», risposi ammirato.
«Con tutti i cacciatori di piante che ci sono in circolazione non si è mai troppo cauti», esclamò. «Per leggerlo basta bagnare le pagine con ipoclorito di sodio.»
Flores si alzò velocemente dalla sedia. «Dobbiamo recuperare il manuale.» Gallardo si lasciò sfuggire un’esclamazione di disappunto.
«Cosa intendi dire?», chiese il prof. Flores guardandolo stupito.
«Niente, solo che sarà piuttosto difficile sottrarlo a Montero», rispose come scusa. «Io credo che tu sappia come fare», intervenne Anaid.
Gallardo la guardò male, mentre il prof. Flores gli ordinava «Il primo volo per Barcellona.»
passa al Capitolo VIII
torna al Capitolo I