Leggende di famiglia e luoghi d’incanto


esplorare il Friuli / martedì, Maggio 1st, 2018

Nascere in un paese della campagna friulana mi ha permesso di percepire il legame tradizionale che c’è tra la gente e la terra. Molte famiglie si passano di generazione in generazione campi, vigneti o boschi con cui attraverso i secoli stabiliscono un legame particolare. I luoghi assumono nomi propri e si caricano di leggende tramandate da nonni a nipoti. Ricordo che quand’ero piccolo un prozio mi accompagnava su di una collina e raccontava degli antenati. «Qui veniva il prete zio del tuo trisnonno, per guardare il cielo. Prima che crescesse quel bosco si poteva vedere fino all’orizzonte. Pregava e osservava la natura, il cielo, il vento. Poi tornava in paese e durante la messa dava le sue previsioni meteo. Tutti credevano che il Signore gli avesse dato la capacità di influenzare il tempo atmosferico».
Storie così danno la sensazione che questi posti siano ancora visitati dagli antenati e tra la vegetazione si percepisce la sacralità senza tempo del rapporto tra uomo e natura. Se si lascia andare l’immaginazione non ci si sente diversi dagli antichi romani, che si affidavano alla benevola protezione dei Lares familiares, gli spiriti dei progenitori custodi della casa e delle terre.
Ho anche io le mie piccole storie che, chissà, forse un giorno saranno parte delle leggende familiari legate alla terra. Una di queste risale a qualche anno prima che conoscessi Giulia. Stavo camminando in un bosco appartenuto un tempo alla mia famiglia, in prossimità delle rovine del castello di Zucco. Ero accompagnato da una ragazza, da un certo romanticismo e da una buona quantità degli ormoni dei miei diciassette anni. Dopo aver dialogato un po’ ci sedemmo sulla scalinata di accesso alla fortezza diroccata. Stavamo per scambiarci il primo bacio ma improvvisamente fummo interrotti. Un ululato lugubre, quasi umano, si era levato tra le antiche mura. «È il richiamo di un allocco» dissi quasi subito, ma non nascondo di aver avuto un brivido. Convenimmo che nel caso non si fosse riprodotto avremmo potuto ignorare il fatto. «Mica sarà un presagio» mi disse e ridendo le risposi di no. Ritornammo all’attività lasciata a metà, ma dopo pochi minuti fummo di nuovo bloccati, questa volta da un fruscio vicino. Non feci in tempo a capire cosa fosse che lei fece un salto. Un enorme serpente scuro, forse un colubro di Esculapio, stava strisciando a pochi passi da noi.
La storia finì in pochi mesi. Scherzando con gli amici dico che fu per via degli antenati che disapprovarono la relazione. «Chissà se fai bene a scherzare», mi dice qualcuno con aria inquietante. Gli rispondo, scettico, che è normale trovare qualche animale nel bosco. A scanso di equivoci con i Lares, in ogni caso, ho portato Giulia a fare una passeggiata da quelle parti. Si è vista solo qualche ape sui fiori di campo.

Nella foto Giulia posa vicino alla chiesetta di Gradischiutta, altro luogo ricco d’incanto nella valle di Faedis. Dal sorriso si direbbe che abbia capito di stare simpatica ai Lares

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