Art for bees: come aiutare le api attraverso l’arte


apicoltura, arte, bellezza della natura / martedì, Ottobre 5th, 2021

Nelle seguenti righe parlerò del mio percorso creativo, di quello che significa per me l’arte e della decisione di rendere pubblica una parte di me che ho sempre sentito intima e privata. Spiegherò poi come attraverso l’arte e la vendita di ritratti su commissione spero di poter intraprendere azioni dall’impatto positivo sull’ambiente, col fine di proteggere le api e l’ecosistema.

“Per me è tutto arte o, come preferisco pensare, esperienza poietica, ovvero il frutto della creatività quando questa all’improvviso pervade la mente e lo spirito come fosse un rapimento estatico”

Colori, fiori, natura. Pennelli che tessono luci e ombre, api che fanno fremere i raggi del sole, studio della scienza medica pieno di sacro terrore e gioia salvifica.
Terra lavorata per trarne frutti, argilla plasmata per dare gioia e fissare per sempre la bellezza dei volti.
Parole usate per dipingere, pigmenti usati per parlare.
Se devo descrivere il mio percorso artistico, non posso tralasciare nulla di tutto questo. Se chi produce qualcosa che può essere definito arte deve avere un percorso artistico, il mio è diffuso nella molteplicità di momenti poietici che permeano le esperienze di vita in ospedale, le esperienze di vita in campagna, l’amore, il dolore, l’interazione con l’essere umano e la relazione con la solitudine.
Se posso, però, preferisco non usare le parole “arte” o “artista”, perché mi lasciano il sapore di qualcosa di elitario, inarrivabile, lontano. Il concetto di artista come lo intendiamo oggi è nato recentemente, tra la fine del medioevo e l’inizio dell’età moderna, ma l’arte è il frutto di una spinta creativa insita nella natura umana, presente in ciascuno dall’alba dei tempi. Nella mia immaginazione l’artista sta nelle gallerie d’arte: io non sono fatto per stare in una galleria, voglio stare sulla cima delle montagne, col vento fra i capelli, e nel cuore delle persone. Non percepisco differenze tra la creazione di una narrazione, un dipinto, una scultura o i vasetti di miele che produco assieme alle api. Per me è tutto arte o, come preferisco pensare, esperienza poietica, ovvero il frutto della creatività quando questa all’improvviso pervade la mente e lo spirito come fosse un rapimento estatico.

“Una risposta senza giudizio né pretese moralizzatrici, ma semplice espressione dell’energia creatrice che quarantamila anni fa guidò dita umane a stendere pigmenti su pareti di roccia”


Per quanto riguarda la pittura, l’incontro con gli acquerelli è avvenuto anni fa, durante un periodo di studio intenso e di animo ferito per le esperienze del tirocinio in oncologia e la perdita di mio nonno. In quei momenti l’arte è stata la mia risposta al dolore nel mondo. Una risposta senza giudizio né pretese moralizzatrici, ma semplice espressione dell’energia creatrice che quarantamila anni fa guidò dita umane a stendere pigmenti su pareti di roccia. Se la mia risposta razionale al dolore nel mondo era studiare medicina, l’atto del dipingere rappresentava la mia risposta irrazionale, ma non meno importante, non meno significativa. Era infatti lo strumento con cui potevo contattare le istanze dionisiache dell’esistenza e, attraverso una sorta di viaggio sciamanico, decostruirle in veli sottili di colore che riassemblavo nel mio percorso di guarigione interiore.
Parlo di viaggio sciamanico perché, mentre dipingo, spesso sono percepito “lontano” da chi mi conosce: quello che io avverto è di essere sospeso nello spazio di una meditazione profonda, in cui ordino i pigmenti a comporre il viso di chi ritraggo cercando di creare un punto di contatto armonico tra i tumulti delle mie esperienze di vita e di quelle del soggetto rappresentato. Il desiderio è che chiunque osservi il dipinto possa trovare un attimo di pace fra i veli di colore.
Il mio background artistico si limita alla storia dell’arte studiata al liceo classico. Quando prendo i pennelli, lascio semplicemente fluire gli impulsi creativi che già permeano le mani degli esseri umani. Non ho fatto un corso e non ho uno stile o corrente artistica di riferimento, ma ogni realizzazione è un anelito costante al miglioramento, inteso come desiderio di rappresentare gli esseri umani in modo sereno e sincero, preferendo cercare di far vibrare i colori piuttosto che perseguire uno stile strettamente realista. Dal punto di vista tecnico, forse quello che mi sembra un movimento innato della mano sul foglio è in realtà il frutto di molta sperimentazione e di un’analisi ossessiva dei dettagli appresa attraverso lo studio della scienza medica.

Perché l’acquerello?

Pur avendo sperimentato la potenzialità degli oli, sono innamorato dell’acquerello. Quando faccio un viaggio lungo, preferisco avere un bagaglio leggero. Allo stesso modo, nel viaggio attraverso i colori, preferisco la leggerezza dell’acquerello.
L’acquerello ha una sua personalità libera, che lo rende difficile da controllare. Muovere il colore sul foglio bagnato è una specie di danza, in cui spesso il pennello invita e suggerisce, non obbliga il pigmento a prendere una certa direzione. L’acqua in qualche modo sfugge al controllo umano anche quando è su di un foglio di carta, conservando anche nel microcosmo l’archetipo del mare.
Un ritratto ad acquerello è realizzato a velature, ovvero sottili strati di colore che, uno dopo l’altro, sono sovrapposti quando il precedente è asciutto. Gli strati sono trasparenti e agiscono gli uni sugli altri come lenti colorate. Ogni segno resta in qualche modo visibile, a volte può sembrare una brutta cicatrice ma, come succede nell’animo umano, nuovi veli di colore possono avere il potere di creare equilibri inattesi.

L’acquerello è una tecnica versatile e leggera. Anche i posti più impensabili possono andare bene per dipingere

acquerello ispirato alla fotografia “Afghan girl” di Steve McCurry, eseguito dopo aver visitato la mostra “Terre alte” a Trento, che ne esponeva l’immagine



Perché il ritratto?

Nell’era della fotografia digitale un ritratto dipinto a mano forse ha un valore ancora più profondo di una volta. Oggi la gran parte delle immagini della nostra vita sono conservate su supporti elettronici che rischiano in futuro di renderle inaccessibili. Sono poche le foto stampate e di queste ancora meno sono quelle che verranno conservate con cura nel tempo. Un dipinto, in quanto immagine e al contempo oggetto prezioso, è ancora uno dei substrati più sicuri attraverso cui affidare un ricordo al tempo. È poi un atto di ribellione alla cultura della riproducibilità e del transitorio e all’impatto ambientale di infinite immagini conservate su server in remoto. È qualcosa di unico in cui si mescola la vita di chi dipinge e di chi viene ritratto.

Ritratto commissionato come regalo per una festa di laurea

Acquerello per commemorare il prof. Sandro Colussa

Affetto fra cugine

Studio dell’immagine e disegno preparatorio

98 anni e non sentirli

Acquerello al tramonto sul Matajur

ritratto per mia sorella

Uno dei primi ritratti

Dal bidimensionale al tridimensionale

L’avvicinamento alla tecnica del modellato in argilla è stato un modo per realizzare un desiderio che avevo da piccolo. Quando ero un ragazzino di 13 anni ero affascinato dalla molteplicità di aspetti con cui si presentavano rocce e minerali. Nel giardino di casa c’era un mucchio di pietre e marmi lasciati da un lontano parente scalpellino. Mi chiedevo come fosse possibile far uscire da un blocco inerte le forme di una scultura. Così andai in ferramenta e comprai uno scalpello. Dopo qualche giorno di polvere e schegge con grande soddisfazione ero riuscito a far comparire la forma di un naso e a sbozzare gli occhi di un volto. Ma prima che riuscissi a completare le narici un colpo di scalpello sbagliato fece saltare via il naso e il busto che sognavo tornò a essere roccia.
Oggi grazie alla scoperta del libro “Portrait sculpting – Anatomy and Expressions in Clay” di Philippe e Charisse Faraut e alla conoscenza di alcune tecniche usate dal Canova, sono riuscito a ottenere qualche piccolo risultato soddisfacente in campo plastico.

“…a quella ragazza dovresti fare una statua…”

Riuscire a immortalare la tridimensionalità delle persone, lavorando l’argilla dall’estrazione al ritratto, mi dà la sensazione di poter entrare in contatto con forze telluriche che conserveranno l’aspetto di un viso attraverso i secoli. Mi piace immaginare che in questo modo generazioni lontane nel tempo potranno vedere il viso giovanile di un antenato. Mentre vedo comparire il volto in argilla, è come se sentissi sotto alle mani il calore del fuoco di Vesta, rinfocolato dal potere benefico dei Lares Familiares, ovvero gli spiriti benefici degli antenati, ospitati in busti di terracotta nel larario delle domus romane.

profilo sinistro

profilo destro

tre quarti

zigomo e gonion

Forse ho imparato a fare le trecce

…e le api?

Il mio rapporto con l’esperienza creativa è sempre stato intimo e privato. Ho preso la decisione di esporlo al pubblico per un motivo preciso e per me importante:


Tra le creature della natura che più mi sono care ci sono le api: non solo le mie adorate api mellifere, ma tutti gli apoidei selvatici che popolano prati e boschi. Sono uno dei più importanti fra gli aghi della bilancia che regolano l’equilibrio ecosistemico che ci dà casa, cibo e vita. E poi… se conosceste la dolcezza del profumo di miele e polline che permea l’aria dell’apiario le sere di primavera, la vibrazione di migliaia di ali che asciugano il nettare raccolto, la goffa dolcezza di un bombo che galleggia tra i fiori, i guizzi da folletto del bombilio. O ancora i riflessi viola delle xylocope che si rincorrono tra le glicini o l’amegilla che di sera dorme aggrappata agli steli della lavanda… vi sarebbe immediatamente chiaro cosa provo.
Gli ultimi anni sono sempre più difficili per queste creature. Non solo per la varroa, parassita importato dall’Asia, o per la vespa velutina, famelica predatrice anch’essa alloctona, né solo per i pesticidi, che ogni anno fanno strage di milioni di api. Il problema forse più grande è l’alterazione del clima, i cui effetti sono già estremamente evidenti per gli apicoltori.
Il cambiamento climatico si sta traducendo in una drammatica riduzione delle fonti nettarifere, ovvero dei fiori che danno nutrimento alle api. Nella primavera 2021 la temperatura troppo elevata nelle regioni artiche, dilatando l’aria, ha spinto in modo anomalo masse fredde sull’Europa. Ciò ha causato gelate tardive e piogge che hanno distrutto le fioriture di aprile e maggio, lasciando gli alveari alla fame. Le api mellifere sono state salvate solo grazie agli sforzi economici degli apicoltori, intervenuti con notevoli quantità di nutrizione artificiale per un periodo che sembrava interminabile. Le simpatiche api selvatiche invece non sono state così fortunate e le loro popolazioni hanno subito una severa riduzione.
Questo fenomeno è aggravato dalla perdita di biodiversità: la scomparsa dei prati stabili e la riduzione delle foraggere nettarifere ha fatto sì che i flussi di nettare si concentrino in brevi periodi di “mieliluvio” che in primavera nella mia zona sono legati principalmente alla fioritura di acero e acacia. Un paio di settimane all’anno in cui ci si gioca le scorte che permettono alle api di sopravvivere.
Se un’anomalia meteorologica rovina queste fioriture, si spezza l’equilibrio dei pronubi, gli insetti impollinatori.

Il progetto Mille Prati per le Api


L’idea è quella di coltivare “mille prati per le api”, creando una scacchiera di campi con fioriture ad alto potenziale nettarifero sul territorio. Attraverso semine programmate e fioriture scalari si possono così creare una serie di isole felici per le api, che avrebbero una disponibilità di cibo costante e lontana da pericolosi trattamenti fitosanitari. Questo gioverebbe molto a tutti gli apicoltori, ma soprattutto ai pronubi, senza distinzione di specie.
Perché mille? Mille ettari di fiori rappresentano l’obiettivo ideale, irraggiungibile per una persona sola, ma raggiungibile se lo si desidera in molti. È la superficie che, adeguatamente coltivata, permetterebbe di raddoppiare il potenziale mellifero della provincia di Udine, dove vivo. È un numero che invita a sognare in grande, a interpretare il progetto come qualcosa che va oltre al beneficio per il singolo apicoltore, nella speranza di entusiasmare le persone e diffondere un’epidemia di fiori in tutta Italia.
Per iniziare dispongo di alcuni terreni, ma ovviamente per avviare questo progetto servono investimenti ben superiori a quelli consentiti dai proventi dei miei apiari, che già riutilizzo in buona parte per il benessere delle api.
Per raccogliere i fondi necessari ho deciso di rendere pubbliche le mie esperienze creative e dipingere dei ritratti su commissione. È vero che esistono altri modi per raccogliere denaro da investire in un progetto, ma ho scelto questo per il profondo legame che per me c’é tra l’esperienza creativa della pittura e l’esperienza creativa dell’apicoltura.

Cosa c’entra tutto questo con il mio percorso universitario e professionale?


Ho sempre avuto la tendenza a considerare i problemi da un punto di vista globale. Certo, in una società che premia la superspecializzazione può essere controproducente, ma non riesco a considerare la salute dell’essere umano come qualcosa di separato dalla salute dell’ecosistema. Per tali motivi ho deciso di dedicarmi anche a questo, oltre che per dare spazio al mio amore per la natura.

Come potete sostenere il progetto


Se siete giunti a leggere fin qui, ho la speranza di avervi passato un po’ di entusiasmo. L’aiuto più importante che potete darmi è lasciarvi entusiasmare da questo progetto e far germogliare dentro di voi l’idea che, insieme, possiamo far fiorire il paesaggio e cambiare l’ambiente che ci circonda, trasformandolo in una casa migliore per ogni essere vivente.


Per ora il progetto è un giovane filo d’erba, ma se mi aiuterete ad annaffiarlo diventerà una prateria. Potete farlo condividendo questa pagina, parlandone e facendolo conoscere.


Se volete già cominciare a dare al progetto la possibilità di passare all’azione finanziandolo, potete commissionarmi un ritratto. È sufficiente spedirmi via e-mail una fotografia che vi piace particolarmente, che ritragga voi o la persona a cui volete regalare il dipinto, possibilmente in una luce che ne sottolinei la tridimensionalità del viso. Il dipinto verrà eseguito su cartoncino Saunders Waterford 300 g/mˆ2 100% fibra di cotone, da 41x31cm.
Il prezzo varia da 60€ a 80€ per soggetto ritratto, a seconda della complessità. È volutamente basso per lasciare la possibilità al committente di aggiungere una percentuale scelta liberamente, in base sul suo personale giudizio sulla qualità dell’opera. Le aggiunte volontarie al prezzo base verranno destinate interamente al progetto Mille Prati per le Api e al contempo avranno l’effetto di far aumentare il valore dei dipinti.

Sulla pagina “Mille prati per le api” posterò i dettagli e l’evoluzione del progetto.

-Federico

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